Al Naselli, Pasquale Scimeca e la storia di “Biagio”
Comiso. Da Palermo ad Assisi alla ricerca del senso più profondo della vita. È una storia senza tempo quella del palermitano Biagio Conte, raccontata dal regista Francesco Scimeca nel suo ultimo film, “Biagio”, trasmesso giovedì sera al Teatro Naselli, a Comiso.
Biagio è giovane quando decide di abbandonare il mondo di benessere garantito propria famiglia benestante, per scoprire l’universo e la realtà sociale degli ultimi.
“Biagio – spiega il regista –, apparentemente è una figura del passato, medievale, questo frate che gira col saio per fare penitenza. In realtà è una figura del futuro perché in qualche modo la sua testimonianza è legata a una crisi profonda del nostro tempo, un tempo che ha espulso la spiritualità dalla nostra esistenza. Nella sua testimonianza – sottolinea Scimeca – c’è anche una critica radicale a quelli che sono i due grandi temi, anch’essi del nostro tempo: il rapporto con la natura, o meglio, l’assenza assoluta del rapporto con la natura, e la povertà. Circa un miliardo di persone ogni anno muore perché non ha abbastanza da mangiare o perché non ha medicine per curarsi. Dall’altro lato della medaglia sono infatti le nostre società: opulente, ricche, industrializzate. Consumiste. Noi che consumiamo la maggior parte delle ricchezze del mondo, però, ne paghiamo le conseguenze: nelle nostre società milioni di persone soffrono, si ammalano e muoiono perché mangiano troppo, usano troppe medicine, troppi veleni”.
Attraverso la storia di Biagio, Pasquale Scimeca si interroga sul senso della vita. “Maimone che era un grande filosofo ebreo della fine del primo millennio – aggiunge il regista – diceva che la ragione non è una luce che illumina il cammino sempre. La ragione è una scintilla che per un attimo illumina le tenebre della notte e se tu sei capace di vedere in quell’attimo quello che viene illuminato dalla ragione, allora puoi avere visioni profetiche. Poi ritorna il buio”.