Arte, poesia e solidarietà sull’Etna: asta di Al-Cantàra per l’AIL e la ricerca contro la leucemia
Il Brigante dell’Etna – PARTE 10 – Antillo
Arrivato che fu nei pressi delle Gole Ranciara, (voleva passare sul ponte, perché più comodo), dovette fare una brusca deviazione perché nei pressi del ponte c’era confusione di gente, di militari, non si capiva nulla, per cui risalì in alto per guadare l’aspro torrente molto più a monte.
Da lì, salendo fra gli ultimi aranceti, fra i mandorleti (era tempo di raccolta e i contadini abbacchiavano le mandorle per poi conservarle per Natale e per fare il delizioso latte di mandorla in estate) si portò vicino al cimitero, che era poco distante, prima di entrare nel paese.
Non passò dalla strada principale, ma fra le viuzze, ed anche più sotto, vicino il torrente.
Incominciò cautamente a chiedere qualche notizia, ma nessuno diceva ne si ne no.
Uno gli consigliò di andare dal medico del paese: «Forse lui lo sa», e Ggiddiu andò dal medico con una scusa, per una visita, che poi in fondo la malattia ce l’aveva, aveva la tubercolosi e poi aveva avuto tre volte la polmonite: non era morto per miracolo, perché era mala erba, perché ancora doveva tribolare. Pur pagando profumatamente la visita, il medico non parlò, gli disse che nulla sapeva; per paura o perché nulla sapeva veramente?
Si trattenne lì un po’ di giorni, presso un ricovero per animali – asini, muli – sulla strada che porta verso Fondachelli Fantina (i bordonari si fermavano lì quando li coglieva il mal tempo o la neve e a volte se ne tornavano a valle perché non potevano continuare il viaggio); non ne ricavò nulla di nulla: bocche cucite.
C’era anche una donna di malaffare a cui fece una visitina, ma neanche questa anche se ben pagata, parlò.
Ggiddiu sfiduciato stette ancora qualche giorno e poi prese la via del ritorno, fra i monti, sfiduciato, avvilito e stanco.
Non potè sapere verità. Oggi noi sappiamo dai giornali che una donna asserisce di essere stata l’amante di Salvatore Giuliano e di aver avuto da lui pure un figlio. Verità?. Millanteria? Un mistero come tanti altri misteri siciliani ed italiani. Ggiddiu era molto abbacchiato. Contava molto su quest’approccio con Salvatore Giuliano. Parlando con altre persone aveva sentito dire che Salvatore Giuliano era ben ammanicato con la mafia e con gli americani. Aveva sentito dire pure che gli americani avevano stabilito un accordo con un certo Don Calogero Vizzini – che poi divenne pure sindaco di Villalba – ed altri,per preparare lo sbarco degli Alleati in Sicilia, le truppe anglo – americane. Tutti questi mafiosi ce l’avevano contro il fascismo, contro Benito Mussolini che gli aveva inviato il prefetto Mori e tanti mafiosi dati i tempi tristi, furono costretti a ripiegare in America, a Novajorca, dai cugini siciliani, soprattutto nel quartiere Brucculinu.
Ora gliela volevano rendere a Mussolini, e con gli interessi, ed anche a questo Re savoiardo.
E poi si diceva che siciliani e americani avrebbero fatto assieme la cinquantesima stella degli Stati Uniti, avremmo avuto i dollari americani; la jobba si sarebbero fatta, e quanta roba di sichinienza si poteva trattare, c’era da fare soldi a palate “bisinissi” – business – e commerci con gli Stati Uniti d’America, insomma la pacchia ci sarebbe stata e i reati tutti cancellati perché tutti questi sarebbero diventati degli eroi che avevano lottato per l’indipendenza siciliana, insomma tutto a posto sarebbe stato.
E questi Ggiddiu anelava, di questo aveva bisogno; sarebbe stata la soluzione di tutti i suoi problemi; avrebbe preso anche la medaglia!
Ora la cosa la stava inquadrando abbastanza bene, la vedeva chiara, molto chiara, ma anche se aveva le idee chiare, non riusciva a risolvere il suo problema. La sorte non l’aiutava.