“Sicilia Terra di Approdi: I Gagini di Bissone”. Ad Acireale la mostra conclusiva
Le “truvature” delle cave di Santa Lena. La “burla artistica” di Giuseppe Bertucci
Il “tesoro delle cave di Santa Lena”: un tesoro nascosto e leggendario e, ovviamente, inesistente. Ma evocarlo equivale a richiamare ricordi del passato, ricordi di quei racconti che riempivano i pomeriggi assolati dei nostri nonni, di coloro che vivevano nelle campagne del “chiaramontano”. Tra queste leggende c’è quella di Santa Lena, una località situata tra Monterosso e Giarratana. Un luogo che la leggenda vuole sia quello di favolose “truvature”, di tesori nascosti che però nessuno ha mai visto!
E’ qui che Giuseppe Bertucci, giovane artista di Chiaramonte Gulfi, ha ambientato la rappresentazione di una sua “leggenda personale”, costruita interamente da lui. Ha immaginato di aver trovato lì, tra le cavità di pietra delle rocce e vecchi casolari abbandonati, “una pietra di forma più definita” che raffigura San Giovanni. E’ lui stesso a raccontare l’avventura, ovviamente immaginifica, di quel giorno.
“ Uno di questi luoghi si chiama Cave di Santa Lena e si trova esattamente tra Chiaramonte e Monterosso. (…) Nonavevo mai sentito parlare di questo posto, comincio ad investigare sul tragitto da percorrere e decido di recarmi sul luogo. Percorro qualche chilometro in automobile e poi decido camminare a piedi: non posso non emozionarmi di fronte alla bellezza della natura iblea, al fascino spettrale di un antico caseggiato, alla fierezza silenziosa di alcuni cipressi che dividono la campagna dalla montagna e si ergono attenti come guardiani di antichi segreti. Proprio qui, tra sentieri quasi impraticabili e silenziosi dirupi scorgo una cavitá tra le pietre di un muro a secco, immagino di vecchia fattura. Mi avvicino e mi accorgo che all´interno vi si trova una pietra con una forma ben definita, visibilmente diversa dalle altre, poggiata sul lato piú ampio. Con mia grande sorpresa, sollevandola, mi accorgo che su quel lato è dipinta una raffigurazione di San Giovanni, deduco quindi si tratti di una immagine devozionale. Potete immaginare il mio stato d´animo. Per fortuna ho con me la macchina fotografica e comincio a scattare foto del ritrovamento. Chiaramente decido di portarla con me per pulirla e togliere gli strati polverosi. Come si puó osservare dalle foto scattate dopo la pulitura, la pittura é ben conservata nonostante si trovasse in un ambiente esterno. Ma da quanto tempo si trova qui? Forse era destinata ad una edicola votiva non piú esistente? Significa quindi che questi sentieri erano molto praticati, anche per la presenza del fiume? E cosa significa quello strano simbolo in alto a sinistra? Tutte domande che spero trovino risposta. Chissá magari un tesoro esiste davvero, ma io posso dire di aver trovato il mio!”
Questo il racconto, che finisce sulla sua bacheca di facebook. La notizia gira, comincia a scavare dietro di se solchi di incredulità, di stupore, di interesse. Trascorre qualche giorno e Giuseppe Bertucci decide di svelare l’arcano: non c’è stato nessun ritrovamento. E’ lui stesso ad aver realizzato quel “dipinto arcaico” che ha finto di aver ritrovato tra le rocce.
Perché lo ha fatto? Una burla, uno scherzo di cattivo gusto? “Niente di tutto questo – risponde – ho voluto immaginare questa scena per suscitare interesse e curiosità. Ho svelato quasi subito, dopo pochi giorni, come stanno le cose. La pietra dipinta sarà tra le opere che esporrò a partire da domenica 30 agosto, nella mostra allestita a Palazzo Montesano. La mostra : 22 opere di arte sacra (pittura su pietra, fotografie e disegni). Palazzo Montesano. La mostra rimarrà aperta fino al 30 settembre. L’inaugurazione si terrà alle ore 18. E, a questo punto, la “curiosità” estata dalla simpatica burla potrà essere sodisfatta. Tra le opere esposte (ventidue, tutte di arte sacra) c’è anche la “pietra di Santa Lena”. Giuseppe Bertucci espone, per la seconda volta, nella sua città. Altre mostre sono state organizzate, oltre che a Chiaramonte, a Catania, Firenze e in Brasile (dove il giovane artista ha vissuto per due anni). La mostra è curata da Giorgio Flaccavento, Federico Guastella e Maurizio Re.